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giovedì 11 ottobre 2007

La risposta a un question time sul caso di Treviso

Paolo Bassi
«Per superare le ambiguità, il quadro normativo deve essere adeguato». Rispondendo ad un “question time” posto in aula dall’onorevole Giampaolo Dozzo a nome della Lega Nord, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti ha dato implicitamente ragione a chi, Carroccio in testa, era salito sulle barricate per protestare contro le affermazioni del prefetto di Treviso sulla “legittimità” dell’uso del burqa.
Per l’esponente di Palazzo Chigi, l’uso del copricapo islamico che cela integralmente il volto, «non si può condividere, nè sottovalutare le conseguenze che esso determina sul piano della dignità della donna. Questa è la linea del Governo». Per rafforzare le sue parole, Chiti ricorda anche la “Carta dei valori” varata nel giugno scorso dal ministero dell’Interno, nella quale si stabilisce testualmente che “non sono accettabili forme di vestiario che coprono il volto, perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell’entrare in relazione con gli altri”.
Un riferimento che non è sfuggito alla deputata forzista, Iole Santelli che polemizza con il ministro ricordando che la richiamata dichiarazione sui valori «non è stata firmata dall’Ucoii, una delle delle organizzazioni islamiche più importanti, ma anche più integraliste». E, quindi, si può più o meno «considerare carta straccia».
Da sinistra, il ministro della famiglia Rosy Bindi, attraverso le colonne del Corsera raddrizza il tiro delle sue dichiarazioni e precisa «di non aver mai detto di essere a favore del burqa», ma solo di considerarlo «un simbolo culturale», che come qualsiasi altro «se liberamente espresso, deve essere rispettato». Parole che devono comunque essere suonate stonate alle orecchie di Ivana Bartoletti, responsabile Ds per i diritti civili, secondo la quale, quella del rappresentante del Governo a Treviso rimane «una decisione inaccettabile».
Di diverso avviso la parlamentare di Rifondazione Maria Luisa Boccia che la reputa «opportuna e rispettosa».
Diametralmente opposta la posizione del Carroccio, che per voce del senatore Piergiorgio Stiffoni che, tenuto anche conto degli ultimi fatti, rilancia una grande battaglia della Lega: l’abolizione dei prefetti. «Inseriremo - annuncia - un emendamento alla Finanziaria per il trasferimento delle competenze del prefetto al presidente della Regione, al presidente della Provincia, al sindaco, al questore e alle Camere di commercio nel rispetto del pacchetto Lega per abbattere i costi della politica. Del resto - ricorda - le competenze amministrative che le varie leggi hanno attribuito al prefetto sono state in buona parte assorbite dai decreti legislativi che hanno trasferito funzioni già dello Stato alle Regioni».
E il consigliere regionale leghista del Veneto, Giannantonio Da Re ironizza: «Mi chiedo se i direttori di banca o gli impiegati delle Poste lasceranno entrare senza problemi chi indosserà il velo integrale e magari chiederà di fare prelievi agli sportelli...».
[Data pubblicazione: La Padania 11/10/2007]

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