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lunedì 3 dicembre 2007

UMBERTO BOSSI: "CHI TOCCA LA LEGA NORD MUORE"

CHI TOCCA LA LEGA MUORE - Il Segretario a Torino: «Se la nuova legge elettorale ci lascia fuori vuol dire che si vuole fare una rivoluzione. Ma noi abbiamo milioni di voti e chi dirige la politica non deve fare queste stupidaggini»
Bossi: «Non soffiate sulla rabbia padana»
La grande attesa per l’arrivo del Segretario Federale della Lega Nord Umberto Bossi alla manifestazione sulla sicurezza, organizzata dal Carroccio piemontese a Torino, è stata premiata da un enorme successo di adesioni ai gazebo leghisti: alle ore 13 di ieri erano oltre 10mila le firme raccolte sotto le bandiere della Padania.
E l’attesissimo intervento politico del Senatur, assediato da una nuvola di giornalisti, non ha deluso: «Se la nuova legge elettorale ci lascia fuori, noi che abbiamo così tanti voti, vuol dire che si vuole innescare un processo rivoluzionario in tempi brevissimi. Noi comunque, avendo milioni di voti, non potremmo mai morire. Però mi chiedo che interesse abbia il sistema a scatenare la rabbia lombarda, veneta e piemontese. …A meno che non siano scemi. Chi dirige la politica dovrebbe rendersi conto che a furia di fare stupidaggini, alla fine, verrà fuori un casino».
In altre parole, chi tocca la Lega muore.
Messe subito le cose in chiaro, Umberto Bossi ha continuato il dialogo coi giornalisti sulla legge elettorale con la calma propria del forte, dicendo che, senza niente di scritto, gli incontri non valgono molto. Il Senatur ha poi aggiunto che certamente sarebbe stato meglio muoversi prima per fare una buona legge elettorale, ma che alcuni margini di lavoro su questa riforma esistono ancora. Un’affermazione questa che, dopo l’apertura di ieri di Silvio Berlusconi a Gianfranco Fini, lascia intravedere una prospettiva di ricucitura dei rapporti anche all’interno del centrodestra. Con serafica chiarezza il leader del Carroccio ha infine dribblato anche le domande di alcuni giornalisti ansiosi di alimentare le polemiche politiche nel centrodestra. «Il Partito delle Libertà? Per noi non cambia niente. Non cambia nulla perché se si litiga all’interno, allora è meglio avere ognuno un suo partito invece che unirsi e poi essere separati in casa. Non conviene, perché non combini niente».
Ma a Torino Bossi non ha ovviamente parlato soltanto di legge elettorale. «La sinistra - ha detto il capo della Lega tra gli applausi della gente - sta cercando in tutti i modi di favorire l’ingresso di un proletariato esterno, gli immigrati, per sfruttarne il voto. Ma questo vuol dire scardinare la nostra società e scatenare una guerra per il diritto alla casa, al lavoro, per il diritto dei cittadini ad avere una città sicura». «La nostra legge sull’immigrazione - ha concluso - è una buona legge perché lega l’ingresso nel Paese al lavoro. Solo così, infatti, l’immigrazione diventa sopportabile per chi ospita e anche per chi arriva».
L’abbraccio dei torinesi a Bossi è stato come sempre forte e caloroso. Oltre a molti esponenti del Carroccio, erano veramente in tantissimi i semplici cittadini ad aspettare il leader del Carroccio all’angolo tra via Frejus e corso Racconigi: lavoratori, pensionati, giovani. Anche alcuni stranieri, ben integrati nel tessuto sociale torinese, hanno avvicinato il gazebo leghista per chiedere una città più sicura e per lamentarsi delle politiche sulla sicurezza della Giunta torinese e del Governo Prodi.
«L’arrivo del Segretario Federale in città - ha commentato a caldo il segretario nazionale della Lega Nord Piemont Roberto Cota - è stato fondamentale per dare una sferzata a questa Torino che pian piano sta ritrovando se stessa e, con essa, la voglia di reagire. La gente è con noi quando diciamo basta agli indulti e sì alla certezza della pena, quando chiediamo di fermare la proposta di legge Amato-Ferrero e di rinforzare la legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Con esempi di amministrazioni come quella di Novara del nostro sindaco Massimo Giordano abbiamo dimostrato come a Torino si potrebbero fare tante cose per la sicurezza e contro l’immigrazione clandestina. E invece non sono mai state fatte». Ma chi tocca la Lega, muore.

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