"IL BLOG PER LA SOPRAVVIVENZA"

martedì 16 ottobre 2007

Bossi: è la Lega a decidere chi vince

Elisabetta signetto
Il Senatur rilancia la posta nella sfida al Governo “romano”. E lo fa nel giorno delle primarie del Partito Democratico vinte da Veltroni. «La Padania non molla, caro Prodi», il suo messaggio dal palco dell’ex Manifattura di Cuorgnè, sostenuto come una volta dalla folla, numerosa l’altra sera in chiusura della Festa della Lega Nord. «Il voto è sempre espressione di democrazia», il commento del leader del Carroccio Umberto Bossi sulla consultazione di domenica. «Ma è meglio essere separati in casa che litigare nel partito», la sua riflessione di fronte ai dati “di fatto”, e non solo ai contati nelle urne del PD. Rimproverando alla Casa delle Libertà l’occasione persa al Governo per attuare il federalismo, il leader del Carroccio è tornato a stigmatizzare l’esito del referendum sulla devolution, “la” del suo discorso. «Il destino del Nord - le parole del Senatur - è stato votato dal sud legato agli interessi di Roma. Ma non finisce qui la lotta di liberazione. Abbiamo atteso anni per ottenere il federalismo, e non ci fermeremo ora. Siamo gli schiavi attuali. L’Italia - nata come opportunità ma non per volontà del popolo - senza i soldi del Nord crolla. Siamo finiti - ha ribadito in un meccanismo di schiavitù del centralismo romano che dobbiamo superare con il federalismo. Ci vuole coraggio per realizzare la libertà, ma alla fine - ha concluso - vince la gente e chi ha il territorio».
«Prodi fuori dalle scatole», ha tuonato Bossi fra gli applausi delle camice verdi canavesane. «Tra qualche giorno - ha annunciato in un monito anche verso i suoi alleati - inizieremo a scrivere il nuovo programma elettorale. La Lega ha i voti: decide chi vince e chi perde». Oltre al federalismo per dare maggiori poteri e risorse agli enti locali, si ripartirà dalle leggi sull’immigrazione e il lavoro. «La sinistra è legata agli immigrati perché spera nel loro voto sapendo di avere ormai perso quello del proletariato. Per questo hanno cancellato la Bossi Fini. Ma qui ci siamo già noi: aiutiamoli a casa loro». Restituire ai lavoratori la liquidazione scippata dal centrosinistra con la normativa sul TFR, l’altro obiettivo principale del programma. «Il sindacato - è intervenuta Rosy Mauro - s’è accordato con il Governo per rapinare i lavoratori. E’ stata la ladrata del secolo. Con il TFR i genitori aiutavano i figli invece così hanno aiutato lo Stato centrale. E’ scandaloso: il Governo deve ridare la liquidazione ai lavoratori e non rimpinguare i fondi di CIGL, CISL e Uil». Una presa per i fondelli, pari alla consultazione sindacale sul protocollo welfare votato nei giorni scorsi nelle fabbriche. «La decisione era già stata presa - è sbottata Mauro - e come sempre il sud con il “si” ha deciso anche per il Nord, invece, contrario». Venduto a Confindustria di Montezemolo, il sindacato in un altra situazione politica avrebbe mobilitato i compagni nelle piazze. «Basta» è allora tornata a ripetere Mauro. «Bisogna dare precedenza alle assunzioni dei residenti e dei giovani, poi agli altri. Bisogna dare assistenza sanitaria gratuita ai nostri anziani che per una vita hanno pagato le tasse, e poi agli altri». C’è bisogno di lui, Umberto Bossi, - come ha manifestato la folla presente in un'ovazione di conferma - c’è bisogno del Carroccio.
Sarà anche democratico, ma il partito battezzato domenica dalle primarie si conferma alfiere del centralismo romano. Ieri, alla conferenza stampa dei “saggi” del Pd, ci hanno informato che la prima assemblea costituente si terrà a Milano il 27 ottobre. Consapevolezza che al Nord il nuovo partito non ha sfondato? Paura per i risultati sempre più deludenti della sinistra nelle regioni settentrionali? Forse entrambi, come indirettamente ribadisce il “saggio” Maurizio Migliavacca: «E’ un segno di attenzione verso il Nord». Come i colonialisti di un tempo, il partito democratico offre segni di attenzione che se guardati bene sottolineano l’alterità di questo nuovo soggetto politico rispetto alla Lombardia, al Veneto e al Piemonte. Che al Nord si giochi una partita decisiva per l’esito della sfida nazionale è risaputo. Solo vincendo in Padania si può governare il Paese. Per questo Veltroni aveva subito suggerito come luogo per “l’inaugurazione” il capoluogo lombardo, ricevendo il no di Prodi. No che oggi finisce in soffitta, sacrificato sull’altare dei nuovi equilibri a sinistra. Basterà sfilare al Nord? Il dubbio è forte, per una coalizione che sembra abbinata ai sindaci di Roma (oggi Veltroni, ieri Rutelli) e che rischia di considerare l’area che mantiene tutta la penisola come un territorio di conquista. Difficile per il Pd comportarsi diversamente quando si ha una classe dirigente interamente laziale: oltre a Veltroni, Bettini, Fioroni, Melandri, Rutelli. Sarà per questo che le primarie sono state un flop?

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